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È caccia al prodotto in offerta

di Luigi dell'Olio

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Da una parte l'inflazione che ha eroso il potere d'acquisto delle categorie deboli della popolazione, costrette a prestare maggiore attenzione ai prezzi dei prodotti riposti nello scaffale. Dall'altra le abitudini che cambiano, spingendo a privilegiare alcuni acquisti rispetto ad altri. Su tutto la maggiore attenzione alla salute, rafforzata dalla circolazione delle informazioni tramite i nuovi media. I consumi alimentari sono al centro di una vera e propria rivoluzione, di natura economica e in parte sociologica.

Portafoglio più leggero
Il problema principale con cui si trovano a fare i conti le famiglie italiane è il caro-vita: a settembre l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività da una parte è diminuito dello 0,3% rispetto ad agosto; dall'altra è aumentato del 3,8% rispetto a settembre 2007. Solo per i prodotti alimentari l'incremento anno su anno è stato del 5,8% (+6,7% invece per il capitolo trasporti).
In queste condizioni diventa più difficile far quadrare i conti, a maggior ragione se si considera che i rialzi riguardano anche altri comparti ad altra frequenza di consumi come le utenze di luce, acqua e gas e il carburante per autoveicoli. La risposta più immediata a queste crescenti difficoltà è stata una contrazione della spesa (-3,5% tra giugno 2007 e lo stesso mese del 2008): le famiglie vanno sempre più spesso a caccia di prodotti in offerta, prediligono con maggiore frequenza i centri commerciali di grandi dimensioni in cui la concorrenza spinge al ribasso i prezzi finali, prestano sempre meno attenzione alle marche.

Cambiano le abitudini
I cambiamenti in atto nel settore dei consumi alimentari non si fermano al fattore prezzi. I mutati ritmi di lavoro, con una progressiva estensione del tempo trascorso in ufficio, stanno spingendo a rivedere abitudini consolidate: così il Rapporto sui consumi redatto da Ref per Coop ha rivelato che tra il primo semestre 2007 e lo stesso periodo di quest'anno c'è stata un'impennata negli acquisti di affettati e sughi pronti e un crollo di merendine e uova di cioccolata. Emilio Colombo, docente di Economia politica all'Università Bicocca di Milano, legge questi dati come l'indicazione di «un mutamento in atto nei gusti: la globalizzazione dei consumi fa perdere peso ad alcuni prodotti della cucina tradizionale a vantaggio di piatti etnici. Tuttavia, manca una cultura di questi prodotti, la soluzione più rapida è l'acquisto dei cibi pronti». «I consumatori sono oggi molto più esigenti che in passato – aggiunge Maria Grazia Grassi, responsabile di settore della società di ricerca Tns Infratest –. Guardano con maggiore attenzione al contenuto dei prodotti, sono più attenti agli aspetti salutistici dei cibi e sono pronti ad abbandonare i prodotti utilizzati per anni se trovano un sostituto più innovativo». Il principale motore di cambiamento, sostiene l'analista, è internet: «I siti in cui i consumatori si scambiano pareri sui prodotti spopolano – afferma – e le decisioni maturate sul web finiscono per influenzare anche chi non usa questo strumento, ma riceve informazioni con il passaparola da parenti e amici».

A caccia dello sconto
Altroconsumo ha fatto la spesa in 657 supermercati di 44 città italiane, rilevando grandi differenze tra i punti vendita. «Una famiglia più attenta ai prezzi può risparmiare da mille a 2mila euro l'anno sui prodotti alimentari, quelli per l'igiene personale e la pulizia di casa – spiega Paolo Martinello, presidente dell'associazione di consumatori – l'importante è non fermarsi alla prima offerta, ma ricordarsi sempre di confrontare le condizioni dei vari punti vendita». Sul sito di Altroconsumo si possono trovare gli abbinamenti tra località e supermercato. Una mappa utile per scegliere in maniera oculata. Dalla ricerca emerge un'enorme disparità dei costi a svantaggio del Mezzogiorno, ovvero l'area più povera del paese. Firenze, Pisa, Verona, La Spezia e Milano sono i capoluoghi meno cari, grazie soprattutto a una concorrenza più agguerrita tra le grandi strutture. Reggio Calabria, Aosta e Potenza risultano, invece, le più costose.

L'unione fa la forza
Puntano sull'adagio "l'unione fa la forza" i gruppi di acquisto condominiali, una delle novità più recenti nel settore dei consumi. Un nucleo di famiglie che abitano nello stesso palazzo o a pochi metri di distanza crea un comitato spontaneo, con l'impegno alla collaborazione reciproca nei processi di acquisto. In un giorno prestabilito della settimana, il capogruppo raccoglie gli ordinativi e si reca al mercato o direttamente presso i produttori, cercando di strappare il prezzo più favorevole. Acquistare 10 chilogrammi di verdura è cosa ben diversa che comprarne 500 grammi confezionati al supermarket: vengono, infatti, eliminati i costi di intermediazione e packaging e il produttore sarà più propenso a praticare uno sconto per non perdere la clientela. Il risparmio ottenuto attraverso la contrattazione diretta solitamente finisce nel fondo cassa per gli acquisti futuri.
  CONTINUA ...»

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